Abbiamo quello che ci meritiamo.

Perché rendiamo la nostra vita peggiore?

In certi tratti, Stoccolma sembra uscita da un film futuristico, con tram luminosi che passano in superficie, costruzioni audaci, ponti tra i tetti, gente che esce da una metro che passa sotto il mare come fosse una cosa naturale. Luci nell’oscurità.
Ti aspetti di vedere Farrell o Schwarzenegger passare come in Atto di Forza.

Poi ti muovi nelle vie del centro e sembra di trovarsi in una fiaba dei Grimm, con gli edifici medievali impeccabili, colorati, l’acciottolato sotto le suole.
Vai in periferia, sembra l’advertising di un agriturismo: case ben distanziate, prati… manca la mucca viola della Milka che ti suona il campanello. Non un intonaco rovinato, una finestra sverniciata, una carta a spasso sul prato. Tutto pare nuovo di pacca.

Quasi irrita, sarò sincero. Allo stesso tempo però è bello, esci dall’Europa mediterranea, ne abbandoni la mediocrità e nel farlo ti rendi conto che essa è data dall’atteggiamento delle persone.

Hellasgarden a Stoccolma Svezia
Hellasgarden a Stoccolma, Svezia

A Malta vedo continuamente gettare i vuoti delle sigarette, lattine e cartacce fuori dal finestrino in corsa – e non si può giocare la carta del “Sono i turisti!” perché la musica tamarra e le bestemmie sono quasi sempre full maltese.
In spagna la gente non si preoccupa di non cantare per strada alle cinque del mattino, con l’adolescenziale egoismo per cui il mio momento è quello che conta e gli altri cazzi loro, dormano di giorno gli stronzi. Poi al mattino li trovi addormentati sulla tua porta.
In Italia… glissiamo che tanto lo sai bene. Qui, non giocare la carta del “Gli zinghiri!”, sarebbe umiliante.
In Grecia in due senza casco si fermano a fumare una sigaretta coi poliziotti in seconda fila ad uno stop. La Francia lasciamo perdere, e poi manco la conto tra i paesi mediterranei.

Dipende certo dalla sensibilità personale, ma Stoccolma può turbare se ti dai il tempo di pensare. Perché le loro strade sono pulite e le nostre sporche? Perché nei treni gli estintori ed i martelletti per rompere i vetri sono in bella vista, ancora lì e non se li sono ciulati?
Al parco Hellasgarden c’è una rudimentale palestra all’aperto, un casino di persone in giro e non solo dai bagni pubblici non si sono ancora fregati i cessi, ma non hanno neanche sfondato le porte o imbrattato i muri.
Sì, sono ricchi da far paura, hanno servizi ottimi, acqua e aria pulite, ma a parte che queste cose se le sono create e mantenute – non sono venute dal cielo e il nostro clima offre risorse forse maggiori delle loro, da sempre! – le cose che ho elencato non sono comunque dovute a questo. La triste realtà è che sono dovute in gran parte al comportamento dei singoli, alla loro educazione sociale.
Così le corrispondenti storture da noi sono dovute alla stessa ragione: le nostre strade e qualità di vita riflettono molto del nostro comportamento.
Moltissimo.

La Svezia non è il paradiso. La Svezia non è priva di problemi e loro non sono più santi degli altri europei – anche se amano sentirselo dire. Il fatto è che lì la noncuranza verso il prossimo e tutto ciò che è pubblico non è accettata.

Ogni volta che facciamo gli stronzi “latini” siamo colpevoli di peggiorare un po’ la qualità della vita delle persone attorno a noi. Le nostre strade sono sporche perché noi le sporchiamo; le nostre abitazioni sono messe a cazzo perché noi abbiamo accettato/cercato una forzatura o un abusivismo; alle 3 del mattino qualche testa d’ebano ci sveglia cantando o con lo stereo a palla perché noi lo facciamo o non fermiamo il nostro amico/figlio che ha voglia di farlo. Da questo, arriviamo ad accettare che esistano abomini come la mafia.

La Svezia non è il paradiso, ma se nelle piccole cose da loro si vive meglio che da noi la colpa è solo nostra, che lo vogliamo ammettere o no.

Adesso qualcuno parta pure con “Sì ma il sole da noi…” “Sì ma il cibo…” “Eh, ma vuoi mettere Trevi…”

Mederna Museet Stoccolma
A Stoccolma ci sono fantastici musei. Tra i vari consiglio sicuramente Mederna Museet… quando non si lascia andare ospitando vaccate di dubbio valore come quella di sopra. Il resto delle esposizioni era fenomenale.
22-10-2017 - Volo Stoccolma - Malta

Palimpsest di Doris Salcedo

Non sono un giornalista e non so scrivere di queste cose. Oltretutto, non sono neanche un appassionato lettore di questi temi, dove i giornalisti tendono a fare gli intellettuali e rendono noioso qualcosa che spesso è già superfluo.
Non so come se ne parla ma lo voglio fare, perché ne sono uscito sconvolto e lo trovo interessante, quindi lo farò come per dirlo ad un caro amico.

Oggi ho visitato Palimpsest, una esibizione di Doris Salcedo al Palacio De Cristal di Madrid. Questo “palazzo” ha pareti di vetro in stile fine ‘800, per cui da fuori puoi sbirciare l’interno. Vedevo tutto completamente vuoto ma la gente in fila per entrare, così per curiosità mi sono messo in fila anche io. Volevo vedere che diamine si provasse ad entrare in una grande serra senza piante, perché alla fine un palazzo di cristallo altro non è che quello, o al massimo una costosa voliera.

Palimpsest Doris Salcedo
Pamphlet di Palimpsest, Doris Salcedo

La gente indossava dei copri scarpe, entrava, passeggiava pensierosa, di solito usciva seria e basta. Non rideva, camminava meditabonda e poi usciva. Dopo 30 minuti ho avuto i miei ridicoli copri scarpe e sono entrato.

La prima impressione è stata di grande confusione, lo ammetto: un pavimento spoglio con dei nomi sul pavimento. “Vabbè, ci voleva Doris Salcedo dalla Colombia per fare l’ennesimo pavimento coi nomi. Se cammini ad Hollywood li trovi anche con le mani ed i piedi.” Poi ne ho visto uno sparire, di quei nomi, e ho avuto i brividi. Qualcosa dentro di me ha urlato di dolore, posso giurarlo. Non ti so dire il perché ma ha fatto subito male.

Ne ho visto altri comparire, dal nulla, estendersi sul pavimento per poi sparire ancora dopo pochi minuti.

I nomi di Doris sono fatti di acqua, si formano nel pavimento, si lasciano leggere, interpretare, ti fanno immaginare la persona che con quel nome ci è nata, poi inesorabilmente spariscono e smettono di essere. Qualcuno attorno passava dal perplesso al cupo, come me.

A quel punto solo ho aperto il pamphlet che mi hanno dato entrando. I nomi sono quelli delle innumerevoli vittime del mare, quelle anime a cui siamo oramai indifferenti, morte cercando di raggiungere l’Europa. Quello a cui ho assistito era molto più di una esposizione, era una una morte e sepoltura, il gesto estremo di rendere la dignità a delle persone semplicemente scomparse, un giorno, come l’acqua che componeva i loro nomi evaporava nel pavimento.
I nomi sono persone, vederle arrivare e dissolversi in silenzio forse ricorda che anche quelli in mare sono più che numeri in un giornale. Pensa a quante parole, arte, monumenti e piazze abbiamo nelle nostre città per qui figli morti nelle grandi guerre di cui abbiamo il nome, quante alle persone scomparse nel nulla, quante alle persone raccolte a cui non fu possibile dare un nome. Erano i nostri, non potevamo accettare che semplicemente, un giorno, sparissero come non fossero mai esistiti. Forse sta lì la chiave: erano i nostri. Questi diavoli qui evaporano, e spariscono, come non fossero mai esistiti.

Il Palacio di Cristal è nel Parque Del Retiro, in Centro a Madrid, e resterà fino al primo aprile 2018. Se vai a fare un giro di birra e tapas al fine settimana, fai un giro nel bellissimo parco e approfittane per fissare uno stupido pavimento bagnato, è gratis.

La gente indossava dei copri scarpe, entrava, passeggiava pensierosa, di solito usciva più umana.

6 Ottobre 2017 - Madrid